martedì 28 settembre 2010

La bistecca - Maria Grazia Mattioli

Katia cammina per le strade semideserte di una Firenze pre-ferragosto. Non ha una meta precisa. La testa quasi vuota d'idee, solo una parola vi galleggia ossessiva "Fame" ma ormai è cosa di tutti i giorni, non si preoccupa più di tanto, presto svanirà per lasciare il posto alla sfinitezza, poi un sonno ristoratore su una panchina e al risveglio il giro dei cassonetti: è incredibile quanta roba buona vi si può trovare, la gente butta vi di tutto: pane appena raffermo, merendine e cartoni di latte scaduti da un giorno, frutta un po' troppo matura...
Katia si sta accorgendo che i veri problemi a Firenze per una come lei sono piuttosto l'acqua e i bagni. Quasi tutte le fontanelle sono state chiuse. C'è solo dell'acqua che sgorga da qualche zampillo in via Nazionale; per quello che riguarda i bagni ha saputo che è stata approvata una norma, naturalmente a favore dei commercianti: essi possono rifiutare l'uso della toilette a chi non fa consumazioni.
È rientrata appena ieri in città.
Ricorda il suo arrivo in stazione, il tuffo al cuore quando aveva letto "S. Maria Novella", i suoi occhi sognanti che vagavano sulle immagini della stazione che quasi aveva dimenticato in questo anno di pazzo girovagare ma non era riuscita più a provare quell'ampio, gioioso respiro, pieno di musica e colori che sentiva ogni volta che rientrava a Firenze da qualche breve viaggio: ormai era
tutto spento, opaco.
Era scesa dal treno reggendosi forte. Sentiva il panico invaderla... forse sarebbe scivolata sotto al
treno e di lei non sarebbero restati che frammenti di ossa e brandelli di carne, un ammasso senza identità... Il marciapiede l'aveva accolta come un insperato rifugio.
Katia pensa, anche se è faticoso farlo da un po' di tempo a questa parte.
Un giorno, più di un anno fa, alzandosi dal letto aveva capito di essere arrivata al capolinea: tante lotte inutili, il lavoro perduto, i figli ormai grandi e felici con le loro famiglie, un matrimonio sbagliato, qualche storia d'amore finita e l'ultima, la più cocente, che le aveva dato la botta finale. E
così era sparita lasciando un biglietto al figlio minore con il quale aveva avuto sempre più feeling.
Lo aveva pregato di avvisare le sorelle che sarebbe andata per un po' all'estero, aveva bisogno di stare sola con sé stessa per ritrovarsi perché si era perduta nei casini della vita e non voleva rattristare i suoi figli e gli amici, voleva cavarsela da sola, senza l'aiuto di nessuno. Avrebbe scritto ogni tanto, ma se le volevano veramente bene che non la cercassero. Questo era il più bel dono che chiedeva loro.
Così aveva preso a girovagare per l'Europa: Spagna, Germania e da ultimo Parigi. Aveva vissuto vendendo collanine e braccialetti che faceva da sé, ma anche piccoli disegni di gatti, i suoi animali preferiti. Vendeva anche fiori costruiti con la carta crespata di tanti vivaci colori, ma per questi era più difficile reperire la materia prima, poche cartolerie avevano quel tipo di carta, a volte però la trovava dai fiorai: qui non pagava nulla, faceva scambio con i suoi disegni di gatti.
Spesso in questi mesi di peregrinare aveva provato il desiderio di scomparire, dissolversi come in
un brutto sogno.
Altre volte fantasticava sull'intervento di un bambino gigantesco munito di un enorme gomma: se lo vedeva piombare addosso ghignando e cancellarla per sempre da questo mondo. Ora il silenzio della via che sta attraversando è rotto da uno scoppio di risa e voci allegre: provengono dalla finestra aperta al primo piano di una palazzina con la facciata rosa pastello.
Tutte insieme, voci di bimbi e grandi animano quell'aria sonnolenta.
Di fronte a questa casa, in uno spicchio d'ombra, c'è un negozio d'ortolano con uno spazioso scalino di pietra. La saracinesca è tirata giù, su questa spicca un allegro cartello disegnato a mano con una palma sopra una strisciolina di sabbia vicino a un mare blu cobalto "siamo in ferie fino al 1° settembre". Quest'immagine piace a Katia. Si siede sullo scalone, chiude gli occhi e sogna di entrare nel disegno: le pare quasi di sentire le onde frangersi piano sulla battigia e gli spruzzi salmastri arrivare fino al suo volto accaldato.
Poi all'improvviso l'aria si riempe di un profumo buonissimo. Questo non fa parte del sogno, è reale! Apre gli occhi e aspira voluttuosamente quell'aroma delizioso: proviene dalla stessa finestra da cui sgorgano quelle voce squillanti.
È odore di carne arrostita.
"Bistecca alla brace, certo!" —pensa Katia—.
Tutti i sensi sopiti dalla vita opaca che sta conducendo si stanno svegliando.
"Sì è proprio una bistecca che stanno cuocendo... beati loro!".
Ad un tratto il sole fa brillare sul davanzale della finestra un caschetto di capelli biondi.
Katia guarda estasiata.
Sono precisi identici a quelli che aveva la sua figlia primogenita quando era piccola (poi s'erano un po' scuriti), solo che quelli della sua bimba erano più lunghi e leggermente ondulati.
Katia ricorda. "Quanto tempo...!".

Andava spesso con lei a piazza Signoria.
"Mamma, andiamo dall'omino dei picci?".
A quei tempi non era vietato dar mangiare agli animali e c'era appunto un vecchietto grassottello che vendeva piccoli sacchetti di granturco per i piccioni.
Ora per un attimo il volto di sua figlia si sovrappone a quello della piccola, poi torna alle sembianze reali.
Ricorda ancora. Quando stava in piazza con lei le chiedeva di poterla ritrarre, una volta le avevano
regalato una serie di schizzi ad acquerello proprio belli ma non sapeva dove erano finiti.
Quando aveva deciso di lasciare casa, figli e tutto con una telefonata ad Emmaus ogni cosa era finita sul loro grosso furgone.
Ma non rimpiangeva nulla, aveva seguito il suo desiderio di annientarsi e c'era riuscita benissimo, almeno fino ad ora, non pensava mai al passato... ma cosa sta succedendo... questo profumo di carne arrostita scavava rivoli di luce nella sua mente, affioravano immagini e ricordi che credeva per sempre cancellati.
Che strano.... in questo lungo anno triste qualche volta prima di addormentarsi sui quattro cartoni che riusciva a racimolare aveva sognato di svegliarsi da questo torpore esistenziale sentendo una
bella musica o il profumo di un fiore... ma non avrebbe mai immaginato che questo avvenisse per una cosa per niente spirituale, come il profumo di una bistecca.
Possibile che questa fosse la sua salvezza?
All'improvviso si era ricordata di una frase di suo padre. Un giorno che erano a tavola tutti assieme,
tanti anni fa, lui aveva detto rivolgendosi ai suoi figli: "Ragazzi, quando mamma sta per morire non chiamate il prete, piuttosto scendete alla trattoria più vicina e portatele un piatto di spaghetti all'amatriciana!".
Sì è vero, per lei il mangiare era stato sempre importante, fin da piccola.
Sorride pensando a sua madre che la rimpinzava di pappa al pomodoro.
"I bimbi crescono belli se mangiano la pappa dietro l'uscio." Diceva.
Era il dopoguerra e bello era il sinonimo di nutrito.
Katia si alza di scatto.
Apre il suo logoro zaino dal colore indefinito (una volta era azzurro). Cerca fra le cianfrusaglie: ecco il giornale dalla strano titolo che le avevano dato ieri in piazza Dalmazia. "Fuori binario". Katia pensa.
Il giornale lo aveva preso tanto per fare.
Non era sua intenzione leggerlo, erano lontani i tempi un cui comperava ogni giorno " Repubblica"! Da tanto tempo non leggeva più, né libri, né giornali. Era andata in Piazza Dalmazia perché voleva rivedere Gino e Angela, i suoi cari amici di un tempo, ma poi si era vista nello specchio dei bagni del circolo dell'ARCI: era così cambiata, rinsecchita, gli occhi cerchiati di blu... non l'avrebbero nemmeno riconosciuta, ne era certa. Così si era avviata a prendere il bus n° 14 per tornare in centro e proprio in piazza, fra la bilancia e il negozio d'intimo, aveva veduto una donna che distribuiva un giornale dal titolo curioso "Fuori binario". Si era avvicinata ed aveva chiesto: "Quanto costa?".
"Offerta libera".
"Io ho solo 30 cents, vanno bene?".
"Prendilo pure, te lo regalo, se vuoi puoi venire a trovarci in redazione. Nella prima pagina interna ci sono orari e indirizzo".
Ora Katia sa che il destino è proprio buffo e imprevedibile: il profumo di una bistecca le aveva aperto la strada per tornare a vivere!
Legge l'indirizzo della redazione: via del Leone. Questo nome le piace, è anche il segno zodiacale di sua madre e di suo fratello, è un segno di buon auspicio!
Non le resta che tuffarsi in questa nuova avventura. È certa che tutto andrà bene.
Forturna adiuvat audaces!

7 commenti:

  1. brava Mariagrazia, l'approccio è reale e riesce a dare significato alla speranza che nutre nei senza dimora. Grazie

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  2. BRAVA! un abbraccio Gianna

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  3. grazia è bellissimo..complimenti

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  4. molto bello e significativo...bravissima

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  5. sembra di viverla in prima persona

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